Nel creare mettiamo sempre ciò che siamo

, ,
watercolor on mini moleskine

Considerazioni di un weekend a zonzo: dipingere dal vivo lo stesso luogo dipinto anni prima, osservando le differenze tra allora e adesso.

Dopo mesi faticosi per più svariati motivi, praticamente chiusa in studio (e se questi mesi sono da giugno a settembre è ancora più dura!), una boccata d’aria mi ha risvegliato come una Red-Bull alle 3 di notte (anche se una Red-Bull non l’ho mai bevuta, e mi han solo raccontato gli effetti…).

Lo scorso weekend sono finalmente tornata in un luogo speciale, in cui da qualche anno vado a trovare persone speciali, nell’entroterra Marchigiano: un paese praticamente abbandonato, abitato solo da Bice, di 80 anni, due inglesi, e i miei cari amici tedeschi (di anni 70), praticamente una seconda famiglia. Magari di questa storia iniziata da un errore racconterò in un altro post.

paese abbandonato

Il paese abbandonato, alla luce del mattino

“Invecchiando” sto cambiando molto il mio modo di percepire la Vita (e quindi di comunicare- disegnare-dipingere): una volta mi nutrivo di eccessi, di emozioni dai colori sgargianti, di commozioni roventi, di malinconie disperate, di brividi e gioie cosmiche.

Non che non abbia più tali emozioni fosforescenti (è nella mia natura)… ma mi accorgo che le emozioni più vere sono quelle più silenziose, più intime, sul Fondo. Quando riesco a far tacere la burrasca della superficie (o ad andare come un sub in quelle profondità, lasciando alle mie spalle le onde impetuose), e mi ritrovo nella quiete delle acque profonde, percepisco correnti impalpabili di una Gioia più stabile, o di una Tristezza più delicata. E se sono queste emozioni “di fondale”, che non gridano, a fare da Filtro al mio percepire e vedere, mi accorgo che sento le cose in maniera differente, e quindi dipingo diversamente.

Una mattina presto ho fatto un giro per il paese nella liquida luce post-pioggia di settembre, e ho voluto rifare la chiesetta che avevo dipinto per la prima volta nel 2011, quando da poco avevo iniziato questo percorso. La carta che avevo scelto non era adatta, così come l’inquadratura poco interessante, ed è forse uno dei disegni dal vivo più brutti di quel taccuino, ma ricordo, guardandolo, come avevo “sentito” quel luogo.

la chiesa in cima al paese

la chiesa in cima al paese

 

watercolor on paper

l’acquerello fatto nel 2011, il primo, incerto, che apriva il taccuino..

 

watercolor on mini moleskine

L’acquerello di quest’anno, fatto al volo sulla mini Moleskine

Seduta davanti alla stessa chiesetta, 5 anni dopo, ho percepito quanta vita era passata in me, e mi aveva cambiata osservando il mio diverso modo di vedere e dipingere.

 

Nel disegnare dal vivo, quando lo faccio per me stessa, non cerco più nulla. Provo a quietare le onde burrascose appunto, o provo a lasciarle essere: mi abbandono, spesso al poco tempo che ho, a ciò che ho davanti, al semplice piacere bambino di disegnare (che troppe volte nel lavoro da studio si perde) senza più pensare allo stile, a come impaginare, e “cosa fare”.

 

me, happy

me, happy

 

 

Tirando fuori dopo (troppi) mesi i miei Moleskine mi sono ri-innamorata della bellezza dell’andare in giro a illustrare il mondo. Del fissare su carta tutto quell’universo del Sentire, che espresso in parole richiederebbe pagine e pagine, mentre prende dimora lì, tra i segni della matita, e qualche pennellata…

Per me ogni volta è pura Magia fissare nell’acqua e sul foglio tutto questo. Torno un pò l’uomo preistorico che dipingeva sulle pareti delle grotte..

E’ una seconda magia potervi ri-attingere in un tempo successivo.

Come uno scrigno che custodisce tutto, con Cura.

 

Mentre ero seduta nell’unica strada del paese, dove al massimo arriva l’ape-car di Gino che coltiva un po’ di terra, ero totalmente assorbita dal ronzio delle api, delle nuvole che mutavano le ombre, dai colori del cielo nuvoloso, della mia gioia senza un perché (che sensazione rara e preziosa… devo farlo più spesso!), e non mi interessava più se l’azzurro che usavo sul foglio era lo stesso del cielo reale, se le proporzioni erano corrette, e se stavo facendo un “bell’acquerello”.

Finalmente.

(NB: ai corsi di acquerello non insegno questo, ma le basi tecniche e la capacità di osservazione, anche se infarlocco sempre un pò i poveri allievi con i miei sproloqui mistici…)

Nel creare mettiamo inevitabilmente ciò che siamo. La Vita muta il nostro Essere, e quindi mutiamo nel nostro creare: osservare queste facoltà umane è per me un meraviglioso viaggio, di cui sono grata.

matita

matita

acquerello finito

acquerello finito (poi è iniziato a piovere…)

 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *